“Papà – inizia Pasquale – era innamorato del calcio e
faceva questo lavoro col cuore, con dedizione e con passione.
Mi portava spesso allo stadio anche se non sapevo
giocare a pallone. Portava anche i miei fratelli, ai tempi
del Sambiase al vecchio Savutano, dove ha iniziato a fare
calcio. Poi ad inizio anni ’80 passò alla Vigor”.
Ricordi una gara con lui?
“Due in particolare con la Vigor: forse una delle più
brutte quando mi costrinse a stare nel pullman, vidi praticamente la partita da lì.
Era in Campania con la Juve Stabia: si creò un clima abbastanza caldo.
Un’altra invece col Forio D’Ischia al D’Ippolito, in cui non le mandò
a dire all’allenatore del Forio perché si era rivolto
male al professor Menniti, allora presidente della Vigor.
Ricordo che papà lo allontanò verso l’ambulanza e dal settore Gradinata
si alzò un applauso fragoroso, allora c’erano diverse migliaia di persone allo stadio”.
Invece raccontaci di qualche derby Vigor-Sambiase?
“Rimase malissimo quando in una stracittadina si infortunò Politino Menniti: praticamente padre e figlio giocavano ‘contro’, ma a prevalere fu il grandissimo dispiacere per quanto accadde, tanto che Politino fu operato
subito dopo. Ricordo che tutto lo stadio, con le opposte tifoserie, ammutolì in un silenzio surreale. Anche un altro
infortunio, meno grave, demoralizzò papà: quello di La Torre a Montevarchi nella gara di Coppa Italia, c’eravamo entrambi. Ebbe un problema alla spalla ed in campo gliela rimise a posto il prof. Menniti. A proposito di Montevarchi, papà usava sempre il suo ‘fiuto’: in quelle gare lo colpì molto Taddei e l’anno dopo lo portò alla Vigor”.
Ma com’era il direttore Samele quando tornava a casa?
“Se vinceva – sorride - portava qualcosa di dolce a casa. Le sconfitte erano più amare, anche se non perdeva mai
l’equilibrio riconoscendo la superiorità avversaria, ma al rientro parlava pochissimo di calcio. Certo quando era alla Vigor
conoscevamo già il risultato prima che lui arrivasse poiché a Sambiase non mancava qualche simpatico sfottò”.
Alla Vigor ritornò a fine anni ’90, al pari del grande Alberto Spelta come allenatore.
“Se devo essere sincero fu una parentesi che non amo
ricordare. Anche papà era molto titubante nell’accettare.
Noi come famiglia lo lasciammo libero nella decisione.
I nostri dubbi però, si rivelarono fondati: papà andò via
a torneo in corso, non trattato bene, anzi. Ma piuttosto
parliamo del suo sogno”.
Quello della squadra unica? Ne parlava spesso.
“Esattamente. Voleva unire la Vigor ed il Sambiase ma
con un progetto comune, ambizioso, lasciando e altre squadre lametine come serbatoi di quella principale che
rappresentasse Lamezia Terme. Non si realizzò per quel campanilismo che noi lametini conosciamo bene”.
Ad un certo punto tuo padre iniziò a far arrivare diversi calciatori argentini, perché?
“Aveva un canale privilegiato: giocatori interessanti e
più adattabili al nostro calcio regionale o interregionale. Ricordo quando se ne mise uno in macchina, andai anche
io, e lo accompagnammo fino ad Altamura dove firmò un buon contratto con la società pugliese”.
C’era qualcosa che non gli andava giù?
“Sì, il cosiddetto calcio moderno. Era tifoso della Juventus ma lo scandalo ‘Calciopoli’
gli fece perdere l’entusiasmo per la bellezza del calcio”.
Ma se ti chiedessi una gara che gli rimase impressa?
“Ti dico subito Villese-Vigor Lamezia (0-1), quella del famoso rigore siglato da Sinopoli.
Papà quella domenica non seguì la squadra, rimase a casa. Io ascoltavo la
radiocronaca proprio di tuo fratello Saverio. Papà no,
ma poco prima dell’inizio, quasi come una premonizione,
mi disse: avvisami quando la Vigor segna. Cosa che puntualmente feci a fine primo tempo quando venne as-
segnato il rigore trasformato da Vito. E lui ovviamente
contento”.
E dimmi qualcosa del prof Menniti…
“Avevano un rapporto splendido, di massima fiducia.
Veniva a pranzo a casa nostra e viceversa papà da lui”. E dei mitici calcio-mercati all’Eurolido cosa mi racconti?
“Intanto in quel periodo soprattutto mamma lo vedeva
poco. Io e mio fratello di più invece, visto che collabora-vamo con lui per la buona riuscita. Quello era un punto di incontro dove praticamente si facevano le squadre per la stagione seguente. Tantissimi personaggi, tecnici, ds, presidenti non potevano non passare da quel raduno di
mercato”.
Invece il suo rapporto con gli allenatori?
“Aveva legato con tanti, sia alla Vigor con Baroncini e Biagini, che al Sambiase con Gianni Scardamaglia, con cui vinse il campionato storico dei tanti record. Papà aveva grande rispetto dei ruoli, in particolare con quello
degli allenatori: solo a loro spettavano le decisioni in
campo. A tal proposito fu molto legato anche ad Alberto
Pullia, che chiamò un anno al Sambiase e lo salvò dalla retrocessione. Insomma una scommessa di papà vinta”.
Un giocatore a cui era legato?
“Tanti: Gianfranco Sestito, forse il suo portiere preferi-to. Poi Maurizio Nisticò ‘pari na molla’, La Torre, i fra-
telli Silvano, il bomber Tucci. In quegli anni si era creata
veramente una famiglia. E poi Procopio, specie quando
morì in un incidente papà rimase scosso, avendo perso
due fratelli in tali circostanze”.
Chiudiamo con un ultimo aneddoto…
“Era molto legato ai giovani. L’anno dopo la sua di-partita, un ragazzo di colore incontrò mio fratello sotto
casa e rimase malissimo alla notizia. Si trattava di un immigrato talentuoso, che papà prese letteralmente dalla
strada e lo mandò a giocare in Puglia. Quella sera ven-
ne appositamente per ringraziarlo avendo pure messo su
famiglia grazie a quel contratto”